Saranno anche impianti sicuri e moderni, come ce li presentano i loro sostenitori, ma la cronaca italiana è piena di sequestri, chiusure, drammi legati all’inquinamento: dell’ambiente e di conseguenza dell’uomo.
L’ultimo in ordine di apparizione è stato l’inceneritore di Falascaia, noto come Pollino, attivo fino all’8 luglio 2010 aPietrasanta (Lucca), 2 km dalla spiaggia della Versilia. Questo impianto, di proprietà di Veolia (che ha rilevato Tev) è sotto accusa per l’inquinamento a due torrenti limitrofi, in cui ha sversato acqua contaminata da diossine e metalli pesanti. L’inceneritore non era nuovo a questa problematica visto che già nel 2008 era stato oggetto di aggiornamento tecnologico per lo stesso problema. Dall’evidenza dell’acqua avvelenata alla chiusura dell’impianto è trascorso un anno e mezzo. Della serie “controlli severi e massima collaborazione”, altro cavallo di battaglia dei fautori dell’incenerimento.
Lo scorso marzo 2010 è Arezzo protagonista con il sequestro dell’inceneritore della Chimet. Un intero territorio avvelenato da selenio, fiumi, terre coltivate. Un’impresa, la Chimet, blasonata da tutte le certificazioni del caso, che ha continuato ad avvelenare per anni l’ambiente circostante.
A gennaio di quest’anno, 2010, sono sempre i carabinieri a sequestrare a Taranto l’impianto di incenerimento dei rifiuti cimiteriali ubicato all’interno del cimitero in località Tamburi, gestito dalla “Amiu Spa”. Il provvedimento di sequestro è scattato a seguito di un controllo ambientale, effettuato dal Noe dopo diverse segnalazioni di esalazioni maleodoranti, durante il quale i carabinieri hanno accertato che l’impianto era sprovvisto delle autorizzazioni provinciali al trattamento ed all’incenerimento dei rifiuti e di quelle relative alle emissioni in atmosfera.
Il grande botto lo fecero i due inceneritori di Colleferro (Roma). 13 arresti, 25 avvisi di garanzia, per sigillare l’intera attività che includeva tra l’altro traffico illecito di rifiuti pericolosi e truffa ai danni dello stato. Il procuratore di Velletri aveva messo in evidenza l’associazione a delinquere, l’immissione in atmosfera di veleni, l’accesso abusivo a sistemi informatici per taroccare i dati delle emissioni. Rifiuti speciali e pericolosi trattati come Cdr per incrementare guadagni e contributi. Eravano nel marzo del 2009.
I carabinieri del Noe hanno colpito a Brindisi sempre nel 2009 sequestrando l’inceneritore a Veolia con annessi il sistema di monitoraggio e controllo delle emissioni, 8 serbatoi verticali da 35 metri cubi contenenti rifiuti liquidi e 1000 fusti accatastati nel piazzale. Il loro contenuto? Nessuna indicazione sui serbatoi…
Siamo nel gennaio del 2008 quando un duro colpo per il comune di Terni: il sindaco Paolo Raffaelli, il Consiglio di Amministrazione dell’Azienda Speciale Multiservizi ed alcuni tecnici, in tutto nove persone, hanno ricevuto dalla procura un’informazione di garanzia in relazione a tredici presunti reati ambientali connessi al funzionamento dell’inceneritore municipale. Nel contempo l’inceneritore, la stazione di trasferenza e gli impianti connessi sono stati posti sotto sequestro.
L’inceneritore targato Marcegaglia, attuale presidente di Confindustria, è stato sequestrato dalla Procura di Bari nel2008. Si tratta di un impianto che era in costruzione a Modugno, in area a vincolo paesaggistico, con autorizzazioni incomplete o false, con progetti che prevedevano anche altezze degli edificio superiori ai limiti imposti dalla vicinanza con l’aeroporto.
Nel novembre del 2008 tocca a Malagrotta (Roma). L’impianto è risultato privo della certificazione di prevenzione incendi e di altri requisiti di legge e non è giunto nemmeno all’inaugurazione.
Fra febbraio e giugno del 2007 è l’inceneritore di Trieste a essere posto sotto sequestro per il superamento dei limiti di legge riguardanti le emissioni di diossine, superiori anche di 10 volte il limite autorizzato.
Taranto ancora al centro dell’attenzione. Militari del Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza hanno posto sotto sequestro preventivo l’inceneritore di Taranto sulla base di un provvedimento emesso dal sostituto procuratore. Secondo il magistrato, sulla base di accertamenti compiuti dai finanzieri, l’impianto, che è gestito da un gruppo di imprese capeggiato dalla ‘Termomeccanica ecologica’, inquinerebbe l’atmosfera. E’ il maggio 2006.
La Lombardia al centro dell’operazione Grisù (maggio 2005). Posto sotto sequestro l’inceneritore ACCAM di Busto Arsizio (Varese) l’impianto che smaltiva i rifiuti non differenziati per un consorzio di 27 comuni nell’area del basso varesotto e dell’alto-milanese. Gli arresti (con custodia cautelare o arresti domiciliari) hanno riguardato ben 19 persone tra cui il direttore tecnico dell’inceneritore assieme a titolari, dirigenti e/o amministratori di diverse società di raccolta/smaltimento di rifiuti,
Pietrasanta, Brindisi, Colleferro, Trieste, Taranto, Busto Arsizio, Arezzo.
Giro giro tondo, casca il mondo…